Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionisimo
Ferrarese di nascita ma romano d’adozione, Giovanni Battista Crema (1883-1964) ha lavorato senza sosta per oltre sessant’anni, interpretando la modernità e le contraddizioni del Novecento. A più di mezzo secolo dall’ultima esposizione monografica, la sua città gli dedica una mostra al Castello Estense, realizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.
Il racconto prende il via da un nucleo di opere provenienti dalle collezioni civiche messo in dialogo con importanti prestiti da musei e collezioni private, e con il corredo di documenti inediti dell’archivio degli eredi dell’artista, tra cui il toccante manoscritto autobiografico intitolato Memorie inutili di un sopravvissuto.
La mostra, suddivisa in sette sezioni tematiche, ripercorre la parabola artistica di uno dei più interessanti interpreti del divisionismo: dal socialismo umanitario degli anni giovanili, quando frequentava il cenacolo di Giacomo Balla, all’originale commistione di realismo e simbolismo della maturità, il percorso di Crema racconta l’immaginario di un artista dalla forte vocazione narrativa, espressa tanto in trittici e opere di grandi dimensioni, quanto in dipinti da cavalletto e piccoli disegni a matita. «In fatto di tecnica pittorica il Crema, capii, la sa lunga!», affermò nel 1922 un giovane De Pisis in visita allo studio del concittadino, testimoniando quell’attaccamento al fare pittura che, con l’avanzare delle nuove avanguardie del secondo dopoguerra, lo portò a distaccarsi sempre più dal dibattito artistico a lui contemporaneo.