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L'appartamento della Pazienza

La Torre di Santa Caterina e i locali adiacenti vennero trasformati in abitazione una prima volta alla fine del Quattrocento per il giovane Alfonso non ancora duca III, che vi collocò i suoi laboratori e fucine di “lambichi” vari; tramite il rivellino il principe poteva accedere al Giardino del Padiglione.

In seguito al devastante incendio del febbraio 1554 e fino al 1556 la sequenza di ambienti che circondano la Torre di Santa Caterina venne rinnovata e destinata al nuovo appartamento voluto da Ercole II - duca di Ferrara dal 1534 al 1559 - decorato da Girolamo da Carpi secondo un raffinato programma iconografico ispirato alla Virtù della Pazienza, “impresa” personale del duca.

L’“Appartamento della Pazienza” era formato da questa camara della Pazienzainscritta nel perimetro della Torre di Santa Caterina, da una camaraadiacente, un camarone, un toresino, un salotto, una loggetta e, molto probabilmente, da un piccolo giardino pensile, citato nei documenti comezardin novo suso le lastre.

Oltre alle tele raffiguranti la Pazienza di Camillo Filippi e l’Occasione di Girolamo da Carpi, furono collocate in questi spazi la Pace e la Giustizia di Battista Dossi, opere che, insieme alle decorazioni ad affresco elaborate con stucchi e dorature eseguite dai numerosi pittori attivi presso la corte (Girolamo Bonaccioli, Leonardo da Brescia, Battista Bolognesi, Battista Dossi) e ai ritratti della famiglia ducale eseguiti nella loggetta da Jacopo Vighi di Argenta, resero celebre ai suoi tempi l’appartamento ducale.

Negli ambienti del Castello posti al piano nobile e rivolti a occidente, nulla resta che possa ricordare l’“Appartamento della Pazienza”. Distrutto completamente dai cardinali legati che subentrarono al governo nel 1598, l’aspetto attuale è il risultato dell’ultima opera di rifacimento, degli anni Trenta del Novecento.

Quanto alle tele che ne ornavano le pareti, esse furono trasferite a Modena dopo la devoluzione del Ducato estense allo Stato pontificio, e vennero poi in gran parte vendute ai principi elettori di Sassonia alla metà del Settecento.

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