La Cappella Ducale
In testa all’antico “Salotto della Credenza”, ora Sala dei Comuni, a partire dalla fine del 1590 vennero iniziati i lavori per la costruzione di una nuova cappella, la cui progettazione fu affidata all’architetto Alessandro Balbi.
I documenti di pagamento offrono testimonianze sulla costruzione e la decorazione della cappella, che fu realizzata in un solo anno (dicembre 1590-dicembre 1591) per volontà di Alfonso II, ultimo duca di Ferrara.
Fino a qualche anno fa l’ambiente era noto come “Cappella di Renata di Francia” e veniva riferito alla committenza della duchessa - madre di Alfonso II - per l’assenza di immagini sacre, caratteristica peculiare del Calvinismo di cui era Renata era seguace.
Le pareti, completamente ricoperte da preziosi marmi policromi, in effetti non presentano immagini sacre, dipinte o musive, come ci si aspetterebbe almeno all’interno delle piccole nicchie rimaste vacanti.
L’ipotesi di una cappella destinata a un culto non cattolico è stata avallata dall’attribuzione della raffigurazione sacra al pittore-decoratore ottocentesco Giuseppe Tamarozzi (Ferrara, 1796-1855); solo in seguito i ritrovamenti documentari hanno svelato che egli fu chiamato a “restaurare” un affresco originale, sovrapponendovi le dipinture come era uso in epoca sette-ottocentesca. I recenti restauri, poi, hanno riportato in luce, sotto le pesanti pennellate di Tamarozzi e sotto una pellicola di impurità, gli affreschi originali che le fonti archivistiche assegnano a Giulio Marescotti, pittore attivo dal 1572 presso la corte estense.
Marescotti, il cui primo intervento nella Cappella è della primavera del 1588, lavorò ancora con il doratore Giovan Battista Rosselli per ornare la volta e l’andito d’ingresso della Cappella, la cui esecuzione risulta pagata nel 1591.
A Rosselli si devono le dorature con decorazioni a ghirlande di fiori a fondo oro, che separano i comparti dei santi dai medaglioni ovali posti in angolo, in cui sono inserite, su fondo azzurro, le aquile bianche ad ali spiegate, emblema estense.
Gli affreschi della volta raffigurano i quattro evangelisti intervallati dall’aquila bianca e circondati da angioletti; i santi sono identificabili, secondo la tradizionale iconografia, attraverso il leone (san Marco), l’aquila (san Giovanni), l’angelo (san Matteo), il toro (san Luca).
Dalla profonda edicola, al centro del soffitto, pendeva il lampadario.
I saggi eseguiti nel piccolo vano di accesso alla Cappella hanno riportato in luce tre sovrapposti strati di decorazioni, alcune delle quali geometriche, altre simboliche come la “granata svampante”, impresa del duca Alfonso I, sulla spalla della nicchia la cui finestra si apre sul Giardino degli Aranci.